Gerald Moroder
Le sculture sottili e smaterializzate di Gerald Moroder sono costituite della stessa roccia rossa di porfido del Monte Rasciesa, ad Ortisei. In questa sua ricerca sono i materiali di terra a essere posti in primo piano, quasi privilegiati per la loro intatta forza d’urto con l’immagine della realtà e dell’uomo contemporaneo.
Con la terra, la pietra, l’impasto di legno lo scultore vuole fare un’esperienza ogni volta diversa, pervaso dagli umori che si possono raccogliere dentro la natura produttiva del suo esistere. Gerald è cresciuto in un luogo incantato ma è figlio di una cultura nuova ed ha il coraggio di non usare il legno. Attraverso queste materie antiche, si ostina a cercare una configurazione che corrisponda al senso di una frattura con il mondo, o di una ferita, o di una lacerazione con l’esistente da colmare con un abbraccio.
Gli esseri plasmati da Moroder sono sospesi in un tempo e uno spazio indefiniti, godono di un’eternità provvisoria alla quale l’umano tende. Sono figli di una Madre Terra comune che li ha generati, fatti di Anima e Corpo. Sono esseri erranti, vagano alla ricerca di quell’essenza delle cose tanto ambita da chi è ricco di spirito. La scelta di una figurazione classica in un’epoca che ha visto sparire e riapparire più volte la figura umana - seppur mantenendo l’uomo al centro di ogni riflessione, anche trasposta in termini astratti - è coraggiosa e vincente.
L’uomo e la donna di oggi si rispecchiano nelle sculture di Gerald: bellezza, bruttezza, instabilità ed equilibrio. Essere o non essere. Orgoglio e volontà. Il suo lavoro non è solo contemporaneo, non è solo esteticamente appagante, non è fine a se stesso. Moroder riesce con estrema abilità a comunicare con ognuno di noi, ad entrare in confidenza col nostro sentire e ad accompagnarci altrove, conducendoci in qualcosa di più bello di più alto. Eleva lo spirito, oltre che l’occhio.